I Domenica di Avvento Anno C
2 Dicembre 2018
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».
L’Avvento è tempo di attesa vigile, ne siamo certi: questa verità ce la sentiremo ripetere spesso in questo itinerario che da oggi si apre dinanzi a noi.
La Chiesa, allora, ci offre tale grande opportunità per far sì che questo sia il nostro Avvento, un tempo favorevole in grado di dare senso alla nostra vita spirituale.
Non ci stiamo soltanto preparando al Natale: veniamo soprattutto esortati a esser desti aspettando il ritorno glorioso del Signore, e preparandoci all’incontro festoso con Lui attraverso scelte coerenti e coraggiose.
Sulla base di cosa dobbiamo vivere l’impegno della attesa?
Ad un popolo che patisce per l’esilio e che stenta amaramente a ritrovare l’identità che le è propria, il profeta Geremia dice: «Ecco, verranno giorni nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto…farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla» (Ger33, 14-15).
Dunque, nella storia faticosa del popolo eletto, Dio si immette aprendo un varco di luce, di speranza: Israele comprenderà di non esser condannato all’esilio perenne.
Per parte sua, l’apostolo delle genti indica nella seconda lettura odierna il segreto di come va alimentata questa speranza: l’amore che deve continuamente crescere.
Come per Israele, la nostra condizione precaria, non ottimale, fa crescere in noi credenti la spasmodica attesa di una situazione più rosea; la nostra attesa , però, non può ridursi a soluzioni immediate ma deve mirare a fare della nostra esistenza un qualcosa che sia gradito a Dio.
A questo deve mirare il cristiano che vuole celebrare ancora una volta il prodigio di un Dio che si annienta per amore e dunque desidera esser raggiunto dal Suo amore.
Oggi, allora, ci viene detto che una strada nuova sta per dipanarsi davanti a noi, ma non senza il nostro impegno che inizia facendo nostri degli atteggiamenti ben precisi: la fiducia in ciò che il Signore promette e la speranza che le Sue promesse si compiranno.
Il cristiano, pertanto, è l’uomo dell’attesa, del tempo donato e del tempo vissuto con intensità; il cristiano è l’uomo che corrobora il suo tempo con scelte che non contemplano la pigrizia e con la preghiera che purifica i sentimenti e allieta l’andare verso Lui, il Signore della vita.
Don Federico